A fronte della sospensione del Registro dei titolari effettivi del 17 maggio 2024, il Consiglio di Stato, da cui si aspettava in questi giorni una decisione, lo scorso 15 ottobre ha diffuso un’ordinanza (la n. 8248) con cui, “stante la delicatezza delle questioni involte”, ha sospeso il giudizio rimettendo la questione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia europea.
Dunque, a quasi un anno dalla prima sospensione del Registro (a opera del TAR del Lazio) non è stata ancora data una risposta ai numerosi dubbi sorti intorno alle comunicazioni da effettuare allo stesso.
I principali temi su cui verte la controversia sono due: la tutela della privacy e gli istituti giuridici coinvolti (con particolare riguardo alla riconduzione del mandato fiduciario agli istituti giuridici affini al trust).
Il primo tema concerne, in particolare, l’accessibilità al Registro il quale è consultabile da qualsiasi persona fisica o giuridica motivata da un generico «legittimo interesse». Sebbene la trasparenza sia un’arma fondamentale per la lotta all’evasione fiscale e al riciclaggio, il confine tra trasparenza e violazione del diritto alla riservatezza è sottile e una regolamentazione inadeguata degli accessi al Registro rischia di rendere disponibili i dati sensibili ivi racchiusi anche a chi, di fatto, non è mosso da altro se non dalla semplice curiosità.
In effetti, il Consiglio di Stato ha evidenziato la presenza di un potenziale conflitto con la Carta dei diritti fondamentali (articoli 7 «rispetto della vita privata e familiare» e 8 «protezione dei dati di carattere personali») nella mancata “precisazione della nozione stessa di legittimo interesse, rimettendone la definizione alla piena discrezionalità degli Stati membri determinando il rischio di perimetrazioni eccessivamente estese dell’ambito soggettivo di azionabilità dell’accesso, potenzialmente lesive degli evocati diritti fondamentali della persona”.
Sempre in tema di riservatezza, il Consiglio di Stato sottolinea l’inadeguatezza dei rimedi esperiti dal legislatore interno che ha conferito “ad un organo amministrativo non giurisdizionale quale è la Camera di commercio territoriale il potere di esprimersi (sui ricorsi, ndr) determinando l’irreversibile effetto dell’ostensione dei dati prevedendo solo in una fase successiva il diritto ad un ricorso giurisdizionale azionabile dal titolare effettivo”.
Il secondo profilo, invece, riguarda la dichiarata «affinità» (da parte della legge antiriciclaggio italiana) dei mandati fiduciari al trust. I ricorrenti (Assofiduciaria in primis) hanno ricordato come non sia possibile ritenere equivalenti i due istituti né per struttura contrattuale né per effetti giuridici prodotti. Infatti, i mandati fiduciari stipulati con le società fiduciarie non comportano alcun trasferimento della proprietà dei beni oggetto del mandato, che rimane in capo al fiduciante, né la segregazione di tali beni. Effetti che si producono, invece, con il trasferimento dei beni dal disponente al trustee.
La Corte di Giustizia, dunque, sarà altresì chiamata a chiarire il concetto di «istituti affini» al trust, per assetto o per funzioni, e la possibile ostatività del diritto unionale ad una normativa, come quella nazionale, che inserisce tra tali istituti i mandati fiduciari.
Molteplici, dunque, sono i profili di incertezza che attanagliano il Registro dei Titolari Effettivi, rendendone ancora incerta la configurazione definitiva, e ne impediscono l’operatività. Nel frattempo, fino a che la Corte di Giustizia non si sarà espressa e i procedimenti giudiziari non si saranno conclusi, tutta la normativa istitutiva del Registro è sospesa.
Insomma, una tipica vicenda italiana: tanto rumore per nulla!