EVASORI FISCALI INTERNAZIONALI E LISTA DUBAI
Dopo la “Lista Falciani”, contenente i nomi dei titolari di conti alla filiale di Ginevra della HSBC, e dopo i “Panama Papers”, la caccia ai grandi evasori fiscali internazionali riparte con la cosiddetta “Lista Dubai”.
Si tratta di un elenco di milioni di nominativi di titolari di beni registrati negli Emirati arabi, ed in particolare a Dubai, contenuti in un compact disc che lo scorso 16 giugno la Germania ha dichiarato di aver acquistato da una fonte anonima per una somma di circa 2 milioni di euro e che potrebbe entrare presto in possesso delle autorità italiane. Un corpus di dati al quale, in forza degli accordi di cooperazione internazionale, l’Italia ha fatto richiesta alla Germania di poter accedere, affermando la necessità di agire sul fronte estero in tema di evasione fiscale e di rafforzare, dunque, tutte le azioni utili ad arginare il fenomeno dei paradisi fiscali.
Ad effettuare i relativi controlli, su disposizione del ministero dell’Economia, sarà l’Agenzia delle Entrate insieme alla Guardia di Finanza. È interessante, a tale proposito, ricordare una pronuncia della Corte di Cassazione del 2019 che lascia chiaramente intendere che, nonostante l’origine anonima di queste informazioni, i dati ottenuti potranno essere utilizzati sia in sede amministrativa sia giudiziale senza poter costituire, tuttavia, la base per procedimenti di natura penale.
Infatti, secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte, sono “utilizzabili nell’accertamento e nel contenzioso con il contribuente, i dati bancari, ottenuti mediante gli strumenti di cooperazione comunitaria, dal dipendente di una banca residente all’estero, il quale li abbia acquisiti trasgredendo i doveri di fedeltà verso il datore di lavoro e di riservatezza, privi di copertura costituzionale e tutela legale nei confronti del fisco italiano” purché tali dati non siano stati ottenuti attraverso una “violazione dei diritti fondamentali di rango costituzionale”.